ODILE DECQ

business-incubator-odile-decqQuando ha deciso di voler diventare architetto?

Volevo studiare qualcosa nel campo dell’arte subito dopo la mia maturità. Ho incontrato gli studenti dalla scuola di architettura ed ho scoperto che, pur non avendo un background scientifico, sarebbe stato possibile intraprendere tale percorso. Mio padre non credeva che una donna potesse scegliere questa carriera; invitò un architetto a pranzo il quale riteneva che l’approccio pragmatico di una donna sarebbe tornato utile nel disegno di cucine e armadi!

Quali le esperienze più significative della sua formazione?

L’unico stage che ho fatto durante i miei studi era in ufficio da Mogens Prip Buus, che era il capo dello studio di Jorn Utzon durante l’Opera House di Sydney. Il mio stage era con altri studenti, tutti americani, ed eravamo circondati da modelli e disegni. Fu un mese fantastico nonostante ho dovuto lavorare durante i miei studi per essere in grado di vivere a Parigi. Poi ho conosciuto Philippe Boudon; nel suo studio ho trascorsi quattro anni approfondendo teoria e metodo ed incontrando architetti internazionali che passavano attraverso il suo ufficio per spiegare il loro metodo. Anche quella fu una grande esperienza!

Come nasce un suo progetto? Che peso hanno analisi e intuizione?

Entrambi sono molto importanti. Sono stata associata con B. Cornette per molti anni che aveva una pregressa formazione medica. Con lui ho appreso quanto sia importante l’analisi prima della diagnosi. Ma l’intuizione è parte essenziale del processo progettuale. Sempre più, descrivo il mio cervello come un grande scaffale dove i libri sono tutti in disordine. La mente è così impressionante da riportare connessioni inattese. In quel momento arriva quello che io definisco “il flash creativo”.

Quanto ha influito il disegno digitale sul modo di lavorare? Che peso ha lo schizzo nella sua maniera di progettare?

Nel mio ufficio iniziamo i nostri progetti facendo modelli di studio a mano. Il digitale viene abbastanza presto nel processo, ma non per il concepimento. Parlo con la gente attraverso schizzi. Personalmente non uso il computer per la progettazione.

Quanto la fase di cantiere incide sul risultato finale?

Il processo del concepimento non finisce quando inizia la fase di costruzione. Ma si aggiungono altri dettagli che possono cambiare tutto. Vado molto spesso sul sito durante la fase di costruzione per capire l’orientamento da adottare per alcune fasi di completamento come i colori, i dettagli e molto altro.

Preferisce lavorare con il pubblico o con il privato?

Non importa, sono entrambi interessanti. Molto dipende anche dalle relazioni personali che si stabiliscono con i clienti.

Come riesce a bilanciare l’uso di materiali tradizionali e quelli più vicini alla recente tecnica delle costruzioni?

Costruisco prevalentemente strutture in acciaio e vetro. Sono consapevole dell’importanza della tradizione ma resto affascinata dalle potenzialità costruttive che alcuni materiali sono capaci di estrinsecare. 

Quale il progetto che più la rappresenta o quello al quale è più legato?

A questa domanda io rispondo sempre “il prossimo”! Non sono una persona statica, vado oltre, questo è il motivo per cui sono più interessata a ciò che accadrà domani rispetto al passato.

Il tema con il quale spera di confrontarsi nel prossimo futuro o quali i progetti già in divenire?

Il benessere dell’uomo. Questo è sempre stato il compito principale degli architetti, ma alcuni hanno perso tale obiettivo nel loro lavoro. Abbiamo bisogno di tornare ad essere in grado di proporre un mondo migliore per il domani. Quando dico questo non è solo una questione di sostenibilità, ma anche una capacità utile a migliore l’esistenza delle persone.

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