Quando ha deciso di voler diventare architetto?
La molla dell’architettura non è scattata per caso, si è insediata in me sin da quando ero bambina. Fogli alla mano adoravo disegnare, lo facevo di continuo. Poi, con il passare del tempo ho deciso di dare un senso a quei disegni, di trasformarli in qualcosa di più concreto. La voglia di diventare architetto e iniziare a viaggiare per rappresentare quel che vedevo è stata naturale conseguenza.
Quali le esperienze più significative della sua formazione?
La mia formazione è stata lunga. Appena maggiorenne son partita per Venezia dove ho trascorso i primi anni di formazione accademica. La necessità di trasformare la pratica in teoria si faceva sempre più forte e la voglia di conoscere nuove culture mi ha portata a New York. Ho vissuto belle esperienze professionali negli Stati Uniti ma l’incontro con Boris Podrecca è quello che sicuramente ha più influito. Poi, il cambiamento è avvenuto quando ho conosciuto Enric (Miralles). È iniziato con lui un percorso professionale ed umano e mi sono trasferita in Spagna.
Come nasce un suo progetto? Che peso hanno analisi e intuizione?
La propensione al disegno mi ha portata a non abbandonare mai la matita come primo strumento. Paradossalmente con il passare del tempo ho iniziato a dedicare meno tempo all’aspetto grafico della professione in virtù di un approccio più intuitivo. Un bravo architetto deve saper immaginare gli spazi prima che questi vengano costruiti..
Quanto ha influito il disegno digitale sul modo di lavorare? Che peso ha lo schizzo nella sua maniera di progettare?
La digitalizzazione ha influito in maniera sicuramente rilevante. Credo rappresenti una importante opportunità per il nostro mestiere. Oggi a studio abbiamo ragazzi sempre aggiornati con i software e crediamo nel valore della sperimentazione. Permettiamo molta libertà alle nuove tecniche di comunicazione.
Quanto la fase di cantiere incide sul risultato finale?
Ti racconto un aneddoto. Ho da poco iniziato i lavori di ristrutturazione per l’appartamento privato di una mia amica. Ho accettato senza remore, senza badare al compenso ma solo per il piacere di approcciarmi alla piccola scala e sentire in maniera più diretta il valore tattile dei materiali. Costruire un grattacielo è opera di immenso controllo, una grande sfida ma non posso rinunciare al divertimento che mi danno lavori più intimi.
Crede che i vincoli siano un limite o un valore da volgere a proprio favore?
I vincoli spesso stravolgono un progetto. Si trovano soluzione che in fase di discussione con il committente vengono poi modificate per motivi burocratici ed economici. Bisogna non innamorarsi di una idea ed essere assai flessibili, avere una buona capacità di controllo dalla posa della prima pietra fino alla conclusione dei lavori.
Preferisce lavorare con il pubblico o con il privato?
Ho iniziato lavorando con il pubblico. Ad inizio carriera i concorsi in Spagna sono stati la mia prima scuola. Adesso abbiamo delle commesse private in Oriente come una torre a Taiwan ed un’Università a Shangai. Sono per me esperienze molto stimolanti che spero vadano in porto anche per il carico simbolico che luoghi tanto diversi dalla vecchia Europa riescono a trasmettere.
Come riesce a bilanciare l’uso di materiali tradizionali e quelli più vicini alla recente tecnica delle costruzioni?
Penso che i materiali di recente sviluppo non siano altro che una derivazione della tradizione. Certo, sono utili e necessari se propriamente applicati ma il fascino dei materiali naturali è ineguagliabile.
Le risorse rinnovabili. Pensa siano solo un rimedio agli errori del passato o anche una buona maniera per fare architettura?
Non penso che in passato si facesse meno attenzione a questo aspetto del costruire ma oggi è diventata una necessità inderogabile dalla quale non ci si può sottrarre. È sicuramente uno degli aspetti cardine che deve possedere una buona architettura. La sola propensione alla salvaguardia ambientale non è garanzia di una buona opera. Oggi il nostro mestiere si è svestito di protagonismo, ritengo che solo una sinergia tra operatori del settore possa legittimare il lavoro del progettista.
Quale il progetto che più la rappresenta o quello al quale è più legato?
Ovviamente ci sono progetti ai quali sono più legata sia perché mi hanno vista più coinvolta in senso pratico sia perché hanno accompagnato fasi della mia vita personale più felici caricandomi di un entusiasmo positivo che son riuscita a trasmettere anche ai miei collaboratori. Il mercato di Santa Caterina è sicuramente uno dei lavori ai quali sono più legata.
Il tema con il quale spera di confrontarsi nel prossimo futuro o quali i progetti già in divenire?
Vorrei costruire un museo. Non ho paura di correre il rischi che spesso accompagna queste strutture, contenitori d’arte che spesso inficiano il valore delle opere esposte. È probabile che a breve ne costruiremo uno in Cina in memoria di un pittore locale molto vicino alla scuola di Picasso.Sarei molto felice di completare questo progetto.