INTERVIEW: LAN STUDIO

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Quali sono le esperienze istruttive della tua formazione?

Errori, dubbi e tutte le diverse esperienze danno forma al nostro modo di concepire lo spazio. Ogni giorno, riflettiamo sulle cose nuove apprese dalla pratica quotidiana ed abbiamo imparato  che gli architetti devono essere ottimi osservatori per volgere al meglio ogni circostanza.

Qual è il progetto al quale più si avvicina il tuo fare architettura?

L’esperienza architettonica non può prescindere dalla realtà. Non c’è nulla che mi influenzi di più se non il concetto di città; senza questo come punto di partenza e di arrivo sarebbe tutto solo un’astrazione.

Puoi definire la tua filosofia progettuale o pensi sia troppo prematuro?

A studio non immaginiamo l’architettura come la soluzione ad un problema o una “scelta rapida”. E’ piuttosto l’inizio di un processo di discussione. Siamo più interessati alla progettazione di forme capaci di evolversi, che siano tali da accompagnare i cambiamenti del modo di vivere della gente.

Come nasce il tuo progetto? Che peso ricoprono analisi e intuizione?

Si tratta di una combinazione di entrambe le componenti. Ci affidiamo molto all’intuizione senza però perdere di vista la fase di analisi. Solo una attenta fase studio può confermare quanto pensato d’istinto.

La restituzione grafica è affidata alle tecniche digitali. Lo schizzo, lo studio dimensionale sui plastici,      ritieni siano pratiche obsolete o ancora essenziali?

Qualche tempo fa, in un’intervista con alcuni studenti, ho affermato che la comunicazione è una parte essenziale dell’architettura. Un progetto deve essere in grado di tradurre tutte le informazioni in maniera chiara. Per me bisogna rendere i contenuti accessibili a tutti. Uno schizzo è facilmente accessibile per la maggior parte dei nostri interlocutori, mentre un dettaglio mostrato a scala 1: 5 richiede conoscenze tecniche avanzate per essere compreso. Le variazioni di scala non sono solo utili per evidenziare questo o quel problema; aiutano anche noi a produrre documenti specifici per ogni tipologia di interlocutore.

Quanto influisce il cantiere sul costruito finale?

Molto. Per noi è essenziale considerare la fase di cantiere come momento dell’intero processo di progettazione.

Pensi che i vincoli di progetto siano un ostacolo o un valore aggiunto?

I vincoli non sono mai facili, ma in realtà aggiungono valore al progetto. Non li consideriamo come un ostacolo ma come una maniera di arricchire un lavoro.

Preferisci i materiali tradizionali o materiali più attuali e innovativi?

Non ho una preferenza particolare. Prima di tutto, in fase di progettazione, abbiamo una idea; poi cerchiamo il modo per restituirla in maniera più fedele possibile al nostro pensiero. Non è una questione di tradizionale o innovativo, dipende tutto da cosa si vuol comunicare. Per il centro archivi FES,  ad esempio, volevamo avere un edificio capace di fondersi nel paesaggio. C’è voluto un anno per realizzare la facciata che prevedeva acciaio inox nel calcestruzzo e dove i pellet fossero capaci di confondere il limite tra l’edificio e il paesaggio. Quando abbiamo lavorato sulla residenza studentesca a Parigi, invece, il quartiere era costituito da una miscellanea molto eterogenea di edifici residenziali nata dopo il piano regolatore di Haussman. Abbiamo fatto della diversità una ricchezza utilizzando mattoni neri per le facciate e caldo legno di larice per la corte. Si creano così limiti che avvolgono o delimitano nella sola percezione tattile del colore.Questi due esempi come tutto dipenda dalle diverse situazioni.

Si parla di componenti amateriche, materiali rinnovabili. Pensi siano la giusta via da perseguire?

La salvaguardia ambientale è messa alla base delle scelte progettuali. Il nostro processo di lavoro cerca di minimizzare la parte “attiva” del progetto (l’uso di sistemi) in favore della parte “passiva”. Prendiamo il massimo vantaggio possibile di dati contestuali, come il clima e le risorse esistenti.

Qual è il progetto che meglio rappresenta l’attività da te svolta fin qui?

E ‘molto difficile scegliere. Avrei dovuto dire che è sempre il prossimo sperando che quanto deve ancora accadere sia meglio di quanto fatto in precedenza. Penso al futuro come un atto migliorativo.

Qual è il tema con il quale speri di confrontarti in futuro?

Qualunque cosa dovesse succedere spero di essere all’altezza del compito affidatomi.

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