1.Quali sono le esperienze istruttive della tua formazione?
La mia formazione accademica è stata avvalorata dall’esperienza fatta in Francia nel 2004 dove ho preso parte a corsi presso l’Ecole de Architecture de Grenoble incentrata sulla contemporaneità e su nuove tecniche costruttive. Appena laureato ho fatto un’esperienza lavorativa presso lo studio Fuksas che mi ha sicuramente aiutato molto nella crescita professionale.
2.Qual è il progetto al quale più si avvicina il tuo fare architettura?
Non posso dire che esiste un progetto simbolo in cui mi riconosco, lavoro sull’intero processo; sono meravigliato alla rottura della regola da parte di Eisenman, mi interessa lo stupore delle architetture di Libeskind, e sono affascinato dal concetto inconsapevole dell’architettura di Ghery e gli schemi progettuali del giovane studio Big.
3.Puoi definire la tua filosofia progettuale o pensi sia troppo prematuro?
Io credo che sia sempre prematuro parlare di filosofia del progetto unitario. Penso sia giusto confrontarsi con l’esistente per trovare un legame tra passato e presente. Lavoro cercando equilibri sottili tra pieni e vuoti e tra interno ed esterno.
4.Come nasce il tuo progetto? Che peso ricoprono analisi e intuizione?
Il progetto nasce dall’analisi dell’esistente o del genius loci del sito; da architetto europeo ho un bagaglio di storico che mi influenza non poco.
5.La restituzione grafica è affidata alle tecniche digitali. Lo schizzo, lo studio dimensionale sui plastici, ritieni siano pratiche obsolete o ancora essenziali?
La mia passione è il disegno, dipingo dall’età di 10 anni ed ho un approccio che non prescinde dall’uso della matita con la quale provo a rendere quanto più realisticamente possibile gli spazi che verranno poi costruiti.
6.Quanto influisce il cantiere sul costruito finale?
E’ una fase delicatissima, cerco di arrivare in cantiere con disegni precisi ma il suo fascino è proprio legato all’imprevisto da risolvere nel rispetto dei disegni preconcetti. La fase esecutiva è una sorta di caos controllato simile all’impeto primaverile della natura che spinge i fiori a nuova vita.
7.Pensi che i vincoli di progetto siano un ostacolo o un valore aggiunto?
Dipende dal tipo di vincolo. Trovo spesso sterile la burocrazia, meno la possibilità di superare limiti legati alla morfologia del sito.
8.Preferisci i materiali tradizionali o materiali più attuali e innovativi?
I materiali tradizionali sono intramontabili e forse siamo poco abituati a esaltarli per via delle mode e tendenze. La nuova tecnologia sapientemente applicata può diventare un valore aggiunto.
9.Si parla di componenti amateriche, materiali rinnovabili. Pensi siano la giusta via da perseguire?
I materiali rinnovabili si sono sempre usati in architettura tranne nel precedente secolo.
10.Qual è il progetto che meglio rappresenta l’attività da te svolta fin qui?
Lavoro ancora molto di ricerca esulla piccola scala. Conto in futuro di poter rispondere a questa domanda.
11.Qual è il tema con il quale speri di confrontarti in futuro?
Il futuro lo costruiamo giorno dopo giorno, potrei quasi affermare che non esiste in quanto è talmente ovvio che arriverà che non c’è bisogno di immaginarlo. Ragioniamo sul presente e cerchiamo di fare quello che ci occorre adesso. Il miglioramento va perseguito oggi così che potremo riconoscerlo domani.